Ogni notte nonno Giovanni si avvicinava al mio letto, mi porgeva la fotografia di nonna Maria perché la baciassi e mi invitava a recitare l’Ave Maria e l’Eterno riposo. Quella notte fu diverso. Avevo diciassette anni, pesavo settantacinque chili e già ero alto un metro e ottanta come oggi. Lui aveva ottant’anni, mi aveva insegnato tante cose: i dieci comandamenti, le tabelline, il teorema di Pitagora e tutte le preghiere della sera.
«Devo raccontarti una storia. Devo farlo io, perché evidentemente tuo padre non l’ha fatto. Tu sai che nonna è morta a Pietrasanta, non qui alla Rocca, perché eravamo sfollati. È morta il 10 ottobre del 1943, eravamo andati via dall’isola in marzo. Maria era malata di artrite reumatoide. A gennaio, proprio quando gli anglo-americani avevano cominciato i bombardamenti, avevamo trovato un capitano medico della marina militare che era riuscito a procurarci i farmaci adatti ad impedire un ulteriore peggioramento della malattia. Lei aveva bisogno di riposo. Era piccola, neanche tanto bella, ma di una bontà non comune. Io l’amavo. Non l’ho mai tradita. L’ho sempre rispettata.