Venerdì 8 febbraio, pensa un po’ te. Nel buttare l’occhio sul calendario (piccolo, a fogli mobili e comprato coi suoi spiccioli: il suo amore per le cose belle le impediva di consultare quello, inguardabile, fatto stampare dal Comando della Legione e appeso per decreto alle pareti di ogni ufficio dipendente) Marianna Montanari ebbe coscienza di un fatto che per lei avrebbe dovuto essere sempre all’ordine del giorno. Mannaggia la pupa: era la bellezza di quindici mesi che aveva sulle spalline le due stellette di tenente e soprattutto che, per superiore volere, come primo incarico si trovava esiliata – sì, esiliata: non era forse la verità? – quaggiù a Cagliari. Quindici mesi che, a prescindere dalle tre settimane di vacanza estiva (ma in realtà si era ragionato di settembre inoltrato), si trovava a più di ottocento chilometri di distanza da Cadelbosco, provincia di Reggio Emilia, dove aveva trascorso infanzia, adolescenza e prima giovinezza coi genitori, la zia Annapaola e le compagne del liceo.
Quindici mesi di ruvida gavetta, di qualche bella soddisfazione e di un gran numero di pedate fra naso e mento. Il tutto a ricordarle che la vita di un ufficiale dei carabinieri, per giunta femmina, era diversa assai da quella che ti sciroppano le brodaglie della TV.
(con Massimo Carloni)