Sassari, Edes, 2000
Il paese dell'uva
Grazia Maria Poddighe
Le mani erano piccole, paffute, lisce e morbide come il pane. Nella luce che entrava dalla porta socchiusa nella stanza nuda, le si poteva confondere, per il colore che assumevano, con la farina che impastavano con l’acqua. Nient’altro in quella stanza che le mani e la tavola del pane. Forse per questo nulla che abitava e dava concretezza alla stanza, l’impasto saltava con leggerezza gli ostacoli delle case, tane su cui si sgranavano gli occhi della selvaggina o si attaccava l’ombra con il suo peduncolo inquieto. Ostriche serrate, a ridosso di un filo d’acqua.
La pasta trottava, cresceva verso l’alto come una frittata fatta volteggiare da un cuoco, su, al picco delle maree del cielo, era una cresta, sospesa fra le nuvole.
La pasta trottava, cresceva verso l’alto come una frittata fatta volteggiare da un cuoco, su, al picco delle maree del cielo, era una cresta, sospesa fra le nuvole.