Milano, Mondadori,
Vacanza (Racconti italiani del Novecento)
Salvatore Mannuzzu
Viene sera: e in una sera come questa – del primo novembre – la nonna di mia nonna lasciava la tavola apparecchiata per i morti. L'avevo raccontato a Enrica, perché mi piaceva parlarle della nostra famiglia, sua e mia, di cui non sa nulla; ma anche perché non trovavo altro da dire. Questa nonna di mia nonna era, penso, un po' matta: giacché poi rimaneva a guardare commossa i parenti vivi che entravano in fila salmodiando col rosario in mano – vestiti delle loro lunghe camicie da notte, le facce incipriate – e fatti tre giri della tavola sedevano a mangiare le buone pietanze e i dolci che c'erano sopra. Se non ricordo male, ciascuno di quei vivi che fingeva d'essere un morto portava una sua candela accesa; la scena ha senso in tempi nei quali non esisteva illuminazione elettrica: e in una casa di campagna, una vasta e abbastanza ricca casa di campagna di allora. Fatico a rimpiangere quel mondo. Come può darsi a Enrica venga difficile ritenere vero il nostro, cioè il mio: d'uno che ha tanti anni più di lei.