Foggia, Bastogi Editrice Italiana, 2001
Dopo l'estate
Antonio Puddu
Il treno era sceso mentre lui si lavava nella loggia. Ne aveva udito lo sfrigolío continuato e rotto e poi il fischio acuto e lungo ferir l’aria come allo sparo d’un fucile. Scendeva da Gonnò e arrivava a Sanluri Stato. Lí altri treni lunghi come villaggi corrono fino al mare e fino alle navi che se ne partono per i luoghi piú lontani.
Ora, oltrepassando i binari sentí il desiderio di fermarsi e di guardare indietro, ma s’impose di non farlo e continuò. Chi cambia vita, deve andare spedito senza pensieri inutili.
Non era stato lui, Michele Doro, a scegliere? Dopo tutto, anche per evitare la fatica del lavoro col padre, aveva accettato di fare il pastore con Evino a Pauli Arbarei.
Il vincastro, al passo, nel chiarore del mattino, luceva come un’arma. Lo guardò, tentò un sorriso. Ecco: non doveva sentire niente d’increscioso dentro: nessun senso di vuoto, a mano a mano che s’allontanava da casa sua e dal paese. L’immagine stessa della madre che l’abbracciò commossa e lo benedí salutandolo, doveva seguirlo sí, ma senza fastidio. Perché i pensieri inutili sono da tenere a bada e da dominare come le pecore del gregge! L’arte del contadino, con l’austerità di suo padre, l’aveva appresa a dovere, ora doveva imparare quella del pastore.
Era di natura robusta e vigorosa, lui. Quanti anni gli avrebbero dato a Pauli Arbarei? Forse diciassette. L’età di Abele, l’aiutante pastore che andava a sostituire in casa del signor Adamo Tasca. Abele prima aveva attraversato il cortile poi era venuto ad avvertire che usciva per l’acqua, quando lui era stato a casa del padrone e il genitore lo contrattava. Il vitto, due pecore figliate di paga e il sacco d’orbace con gli scarponi. Gli scarponi signor Tasca non voleva darglieli nuovi; ne aveva un paio usati, forse un po’ grandi: si sarebbe rimediato con le pezze. Suo padre rifiutò con fermezza.
Spiegò ch’era sveglio, il suo Michele, con un fisico, nonostante i sedici anni, superiore a quello del ragazzetto lí. Ed era vero. Anche se quel ragazzetto lí aveva sentito e si era offeso. Infatti, facendo nella porta capolino, ostentò la mano destra col dito medio sollevato.
Ora, oltrepassando i binari sentí il desiderio di fermarsi e di guardare indietro, ma s’impose di non farlo e continuò. Chi cambia vita, deve andare spedito senza pensieri inutili.
Non era stato lui, Michele Doro, a scegliere? Dopo tutto, anche per evitare la fatica del lavoro col padre, aveva accettato di fare il pastore con Evino a Pauli Arbarei.
Il vincastro, al passo, nel chiarore del mattino, luceva come un’arma. Lo guardò, tentò un sorriso. Ecco: non doveva sentire niente d’increscioso dentro: nessun senso di vuoto, a mano a mano che s’allontanava da casa sua e dal paese. L’immagine stessa della madre che l’abbracciò commossa e lo benedí salutandolo, doveva seguirlo sí, ma senza fastidio. Perché i pensieri inutili sono da tenere a bada e da dominare come le pecore del gregge! L’arte del contadino, con l’austerità di suo padre, l’aveva appresa a dovere, ora doveva imparare quella del pastore.
Era di natura robusta e vigorosa, lui. Quanti anni gli avrebbero dato a Pauli Arbarei? Forse diciassette. L’età di Abele, l’aiutante pastore che andava a sostituire in casa del signor Adamo Tasca. Abele prima aveva attraversato il cortile poi era venuto ad avvertire che usciva per l’acqua, quando lui era stato a casa del padrone e il genitore lo contrattava. Il vitto, due pecore figliate di paga e il sacco d’orbace con gli scarponi. Gli scarponi signor Tasca non voleva darglieli nuovi; ne aveva un paio usati, forse un po’ grandi: si sarebbe rimediato con le pezze. Suo padre rifiutò con fermezza.
Spiegò ch’era sveglio, il suo Michele, con un fisico, nonostante i sedici anni, superiore a quello del ragazzetto lí. Ed era vero. Anche se quel ragazzetto lí aveva sentito e si era offeso. Infatti, facendo nella porta capolino, ostentò la mano destra col dito medio sollevato.