Atto Primo
La noia
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Adesso Oscar è fermo: sembra il soldato d'onore di una qualche monarchia da operetta. Indossa la giubba di velluto rosso, i bottoni sono dorati sul doppio petto e i guanti, bianchissimi, sistemano un poco il berretto rotondo. Anche i pantaloni sono rossi: Oscar li ha stirati per bene questa mattina, prima di recarsi al lavoro. In viaggio, sull'autobus, per paura di sgualcirli, è rimasto in piedi: ma l'autobus che prende lui – il numero 36 – è vecchio e talmente instabile che ci vuole un talento da equilibrista a star fermi. Mentre rimane immobile, Oscar osserva i colleghi più esperti servire il tè ai tanti tavoli e pensa che, un giorno, anche a lui sarà concesso di portare il vassoio ovale pieno di tartine e quello ancora più grande dove si mostrano i pasticcini guarniti di panna e di frutta tropicale.
La responsabile delle assunzioni era stata chiara in proposito. Gli aveva detto: «I primi mesi saranno difficili e pieni di noia. Per tutto il tempo dovrai rimanere fermo all'ingresso della Promenade e salutare con un inchino i clienti che arrivano e quelli che vanno via. Soltanto in seguito, quando avrai preso confidenza con la sala e con le maniere degli altri camerieri, anche tu potrai cominciare a servire il tè, gli scone con la marmellata d'arance e tutto il resto».