Isole Fær Øer
Avrei potuto continuare a vivere nell'isola di Vàgar, dove c'è pure un piccolo aeroporto, ma la vecchia Mariloy abita a Mykines: la mia famiglia è fin troppo povera per pagarmi quotidianamente la traversata e, così, sono stata costretta a trasferirmi in quell'isola sperduta. La vecchia mi ha ospitato nella sua capanna, distante dal breve porto.
Insieme a me, Mariloy è la sola persona in tutto l'arcipelago a possedere un'arpa, dunque è l'unica a potermi insegnare come suonarla.
A Mykines c'è soltanto un piccolo villaggio, il mare lo separa dalla città in cui sono nata: quasi due ore di navigazione sopra una barca che si macchia e si sbriciola a ogni traversata (se mai dovessimo affondare, spero che non capiti di notte). Sette, otto passeggeri per volta; in estate altrettanti turisti, per lo più danesi, curiosi di vedere lo scoglio di Mikineshólmur, popolato dagli Tjaldùr dal becco a punta: più in là, oltre l'Oceano, soltanto l'America.
Non c'è una città in quest'isola remota, ma soltanto poche case, spesso disabitate, ricoperte di lamiera rossa, verde o di qualsiasi altro colore sgargiante. Tutte, punte dalla ruggine, si stringono lungo l'approdo. La barca porta i viveri: s'organizza lì, ogni giorno, un mercato sconveniente che ha i prezzi doppi e tripli.