Il 7 gennaio 1944 mi trovai per la prima volta sui banchi di scuola, con tre mesi di ritardo rispetto ai miei compagni. Entravo nei sei anni legali mentre compivo solo i cinque anni biologici. Gli anni, però, li compivo entro il '44 e la maestra mi dovette accettare. I primi giorni i compagni mi prendevano in giro e sghignazzavano sulla mia ignoranza. Tutti, maschi e femmine, erano più grandi di me. Molti erano ripetenti. E nei miei confronti erano spavaldi: sapevano già far bene le aste, scrivere e leggere le vocali e le consonanti. Per fortuna come compagno di banco mi toccò Pizzente, che avendo la mia stessa età si era presentato in classe nello stesso giorno. Per noi la maestra fu costretta a ritornare alle aste. E almeno con lui per un po' potei condividere la mia soggezione e timidezza, cui lui ben presto reagì con aria quasi di sfida: da alunno scapestrato che avrebbe voluto apprendere tutto fuorché a leggere e scrivere.
Del mio compagno di banco ricordo che era sempre in disordine: non portava mai né cartella né quaderni e non stava mai attento alle lezioni. Spesso, anzi, con caute contorsioni mentre la maestra scandiva agli altri il suono delle lettere accompagnandolo con i movimenti della bocca, e io in silenzio facevo le aste, si sbraghettava e esibiva ai compagni più vicini il suo uccellino (sa mariòla).