Nuoro, Il Maestrale, 1995
Quelli dalle labbra bianche
Francesco Masala
Dall'alba di stamane il rintocco della campana a morto scende dal campanile di Arasolè. I morti ad Arasolè possono stare tranquilli. I vivi possono rimanere senza mangiare, ma i morti senza campane, no. Io sono Daniele Mele, il campanaro. Sono pagato per suonare. Arasolè è un piccolo villaggio e vi muore pochissima gente, ma la campana dei morti ha sempre lavoro. Il fatto è che i miei compaesani mi pagano per suonare non solo per i morti di giornata, i morti freschi, come dicono da noi, ma anche per i morti secchi, già sepolti da un mese, da un anno, da anni. Gli eredi mi pagano per i rintocchi: trigesimi, annali, decennali e, qualche volta, cinquantenari. Pagano, ed io suono; secondo la paga, il mementomo. Arasolè, dicevo, è un piccolo villaggio, così piccolo che l'odore dell'incenso che esce dalla vecchia chiesetta di Prete Fedele arriva fino alle ultime case. Ma una cosa è l'odore dell'incenso, un'altra cosa è il suono della campana a morto. Non piace manco a me, anche se mi dà da mangiare.