Sveglia alle sei, come ogni giorno alla pensione di Brugherio, anche quella mattina di gennaio, sedici, martedì: meglio se alle cinque e mezzo, senza più Waruì, per essere sicuro di arrivare in tempo alla fermata. E sempre in testa quella filastrocca, scioglilingua-annodalingua che ogni tanto serviva ai giochi delle donne alla Lucetta Confezioni. Io non volevo ma mi stava fissa in testa, per giorni e notti intere, e mi svegliavo la mattina tutto pieno dei cin cin di quella cosa antica milanese che diceva, come diceva?
A Ciaraval gh’è una ciriciciàcula
Con cincént cinquanta cinch ciriviciaculit:
Val püsèe ‘na ciribiciàcula
Che cincént cinquanta cinch ciribiciaculit.
Certe volte dormivo dentro un’acqua scura, nuotavo in tutti i modi possibili del nuoto, dal morto alla più grande frenesia di chi annega: conquistavo la riva e mi pareva di svegliarmi, ma l’acqua che azzannava anche la riva mi afferrava, senza più fiato nei polmoni: dentro l’acqua nera, dentro l’acqua morta, finché non mi svegliavo con il grido che nessuno ha mai sentito.