Lunedì, 11 novembre 1968
La vettura procede ormai a velocità costante. Nel primo tratto la velocità è stata un po’ bassa, poi più alta: o allentavo troppo il piede dall’acceleratore o lo premevo forte. Dovevo sforzarmi, però, di eliminare gli alti e bassi. Controllavo il tachimetro: l’ago era attorno ai quaranta, si alzava, si abbassava, tornava al punto giusto. Bachis intuiva le mie preoccupazioni e mi rassicurava. Ogni tanto, però, senza volerlo, la velocità aumentava fino a cinquanta e a sessanta e Bachis mi richiamava.
Non ero abituato alla guida di quel tipo di vettura; tutto mi pareva diverso: i comandi, lo spessore del volante fra le dita, la larghezza della carrozzeria, il sedile, l’ampiezza del cofano sulla carreggiata. Avevo persino temuto di trovarmi in difficoltà, e qualche giorno prima avevo pregato un amico di farmi sedere un momento al posto di guida. Per evitare sguardi indiscreti o illazioni avevamo trovato la scusa di andare alla ricerca di funghi.