Una delle questioni più vitali per la Sardegna mi sembra l’esistenza, o no, di un viceré, conciossiachè la risoluzione di questo problema dee portar seco un divario pressoché infinito negli ordini pubblici, sicchè giovi di trattarne quanto sia possibile con maturità di consiglio, siccome quella onde può dipendere l’avvenire buono o reo di questa provincia non di spregevole della grande nazione italiana. All’accennata controversia, come a qualunque altra di civili miglioramenti, io mi propongo di recare l’esattezza che per me si possa maggiore, accennando però piuttosto che sviluppando, dappoichè quest’ultima parte più copia di elette condizioni che le mie non sono. Soprattutto userò discrezione d’idee e moderanza d’espressioni. Imperocché oggi che il re licenzia ogni cittadino di aprire con franchezza il parer suo intorno alle cose pubbliche, da maggior obbligo siamo stretti di adoperarla saggiamente per farci vieppiù degni della sua fiducia, mostrando a un tempo a chi legge che anche nell’arso clima di Sardegna può metter bene la libertà della discussione colla misura della parola e del pensiero, onde uomo di senno non si gitti cogli altri che si reggono a voce a quella generale imputazione di teste calde, solita frase (a detta di altissimo scrittore) con che si qualificano i cervelli che in opera di civiltà e di politica non sono attemperati alla zona polare.