L’opera di Lo Frasso merita rilievo per il doppio e contemporaneo riferimento alle letterature italiana e spagnola e il gusto per la mescolanza dei generi e delle lingue. Egli scrisse prevalentemente in castigliano e, marginalmente, in sardo e in catalano.
Poeta e militare, originario di Alghero, Lo Frasso lasciò l'isola per trasferirsi in Spagna, dove compose in lingua spagnola tre operette intitolate:
-
Los mil y dozientos consejios y avisos discretos, che contiene consigli e ammonimenti rivolti, in versi, ai figli rimasti ad Alghero;
-
El verdadero discurso de la gloriosa victoria, cronaca in ottave della battaglia di Lepanto;
-
Los diez libros de la fortuna d'amor. A quest’ultima, pubblicata nel 1573, deve l’attenzione di Cervantes, che lo menziona nel Don Chisciotte. Il suo successo fu dovuto proprio al giudizio di Cervantes, che conosce Lo Frasso, ne ha letto l’opera e può parlarne ai lettori del Don Chisciotte con tono ironico e ammiccante. Los diez libros è un romanzo pastorale con spunti autobiografici, articolato in una serie di vicende ad intreccio, a metà strada tra il mitologico e l'avventuroso. Egli si rivolge qui ad un pubblico urbano, mondano e un po’ frivolo.
Se da un lato città come Alghero e Cagliari erano forse gli ambienti più aperti dell’Isola verso la cultura iberica e verso l’apertura europea, da un altro però, essendo prive di una solida tradizione culturale locale, si autointerpretavano secondo uno spirito coloniale, nell’eterno confronto con il centro lontano del potere, egemone, ammirato, imitato, temuto, da dover replicare per sentirsi nella storia. Non a caso, Lo Frasso, seppure per ragioni meramente giudiziarie, si trasferì da Alghero a Barcellona.
Egli comunque inserisce ne Los diez libros due sonetti in sardo logudorese, uno di argomento amoroso Cando si det finire custu ardente fogu e l’altro dedicato a San Leonardo Supremu gloriosu excelsadu, ed una lunga composizione in ottave intitolata Glossa sarda. L’inserimento di questi testi è giustificato con il lettore ora con banali motivi mimetici (San Leonardo è sardo, quindi occorre rivolgersi a lui in sardo), ora dalla curiosità salottiera delle dame barcellonesi verso l’inconsueta e poco nota lingua montana della patria di origine del protagonista Frexano.
Resta il fatto che, pur con i limiti critici di questo recupero del sardo per esotismi da salotto, Cando si det finire custu ardente fogu è la prima lirica d’amore della letteratura sarda, e che il logudorese di Lo Frasso è, come quello di Araolla, di buona qualità e fortemente influenzato dall’italiano. Se a ciò si aggiunge che Lo Frasso dedica un sonetto in castigliano a Gerolamo Vidini di cui parla anche Araolla nel suo Capidulu de una visione, non si può non nutrire il sospetto che anche il poeta algherese sia stato influenzato dal cenacolo dei sassaresi e dal loro programma sardo-centrico.