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ENRICO COSTA


Il libretto del David Rizio
Enrico Costa
Appena ricevetti da Milano il primo fascio di giornali in cui si parlava del mio David Rizio, mi venne in mente non so perché il grido, della piccola fioraia nella Statua di Carne del CICCONI.
« - Fiori, Fiori! col manico e senza manico, coi proverbi e senza proverbi!»
E diffatti in quei giornali mi si offrivano dei fiori d'ogni genere: col manico (e che manico!) e senza manico!
Il signor Paravicini nel Secolo mi dà delle bastonate numero uno; ma pure ha la bontà di chiamare i miei versi piuttosto facili e molto migliori di tanti altri che ha letto in libretti d'opera; e nell'accennarmi il principale difetto del mio libretto, nell'incertezza (com'egli si esprime) delle linee con cui disegnai situazioni e personaggi, fa pure un'eccezione all'Enrico Darnley ch'egli dice dipinto con una certa franchezza e forza.
Il gentile poeta Felice Uda in un appendice delle Lombardia ha voluto onorarmi del suo benigno giudizio chiamando il mio libretto ben fatto e non privo di interesse.
La Rivista drammatica musicale lascia da banda libretto e musica, constatando che l'adunanza mostrossi contenta di tutto e di tutti.
La Gazzetta di Milano, nel vantare il soggetto da me scelto, non vuol dir verbo sul merito del libretto, rifferendosi all'indulgenza da me chiesta al pubblico nella prefazione. È un leggero schiaffo con una manina da donna! La Frusta Teatrale trova discretissimo il pimo atto, ma nel 2° e nel 3° mi accusa di bruschi passaggi che abbuiano e rompono l'interesse del lavoro.
Il Palco scenico, in una lunga rassegna, mostrandosi meco gentile quanto clemente, prende le mie difese e mi regala un lusinghiero giudizio che fa duopo temperare, inquantochè quel benevolo giornale vuol ringiovanirmi di un lustro e più. Esso vuol passar sopra a certe asperità del mio melodramma, in grazia della fluidità del verso.
«... Veramente (ei dice) ci sorprese di vedere parecchi giornali lanciarsi sovr'esso (quell'esso sono io) come mastini, onde farlo a brani. - Sappiamo anche noi che i caratteri (del David Rizio) non sono abbastanza efficacemente ritratti; quelli in ispecie di Maria e di Rizio, sono pallidi, pallidi; qualche situazione è forse troppo spinta ed arrischiata; ma il complesso, ripetiamo, è buono e saremmo per dire, è uno dei migliori melodrammi che siano usciti in questi ultimi tempi, in cui v'ebbe e vi ha gran penuria di poeti che si dedichino a siffatto genere...»
Insomma, tutti i giornali milanesi (s'intenda di quelli che mi fu dato procurarmi) me ne danno delle calde e delle fredde, ed io li ringrazio tutti per gli avvertimenti di cui mi hanno onorato.
Il fiore però col manico più lungo, o per meglio dire, il lungo manico senza fiore, me l'offrì il mastino Filippo Filippi con un'appendice della Perseveranza del 18 novembre.
Egli si spiccia del suo giudizio con una sola parola - alla spartana, telegraficamente, senza neppur un verbo!
«Libretto orribile, most horrible!» me lo dice anche in inglese!
Che io avessi fatto un buon libretto non mi passò neppur per la testa; in primo luogo perché il mio non era che un primo tentativo che azzardavo nel difficilissimo campo del melodramma; in secondo luogo perché, scrivendo per musica, non puossi mai stabilire una ferma traccia del lavoro inquantochè, durante il tempo della gestazione musicale, il libretto può paragonarsi precisamente ad un canocchiale che si allunga o si restringe a seconda della vista del maestro. E diffatti, nella mia prefazione al Dramma, mi raccomandai caldamente all'indulgenza del pubblico protestando ch'io riconosceva il mio lavoro per un povero corpo mutilato.
Per quanto però io non avessi buona opinione del mio libretto, pure confesso schiettamente che la terribile parola dell'inesorabile critico non me l'aspettava.
- Dove diavolo (dissi fra me) il signor Filippi troverà il most horrible? - Nessuno dei Critici me ne accennò la strada; anzi pare che qualche giornale musicale lo abbia rimarcato; e difatti io leggo nel Trovatore:
«Il libretto che il Filippi ha giustiziato con una sola parola: orribile, non mi parve assolutamente tale: è un libretto mediocre come se ne fan tanti, con versi ora buoni, ora meschinucci, e con situazioni qualche volta assai ben preparate.»
Ma siccome il Filippi si era riservato di parlarne nella successiva settimana (esso scrive ogni lunedì) io aspettai ansiosamente i suoi dettagli.
Apparve finalmente la Perseveranza, sotto la Perseveranza il lunatico Appendice - sotto l'Appendice il perseverante Filippi
Indovinate mo'? - quattro colonne di storia - nientemeno! Nel mio David Rizio egli trovava delle sconce alterazioni della verità storica, corpo principale del most horrible.
Se Filippi mi avesse parlato di tutt'altro, io avrei piegato pazientemente le spalle e lo avrei perdonato; Cristo, in croce, pedonava ai suoi assassini, con la differenza, ben s'intende, che io forse meritava quella croce; ma mostrandosi egli tanto scandalizzato della mia violazione alla verità storica, io non posso fare a meno di spifferavi in proposito questa cicalata.
Il Filippi non può soffrire in nessun modo ch'io abbia idealizzata la Stuarda.
«Fra i cattolici (egli scrive) che fecero dell'infelice regina una martire illibata, e i protestanti che la dicono una Messalina, sta un quid medium, cioè ch'era una donna leggera, corrotta, capace di cattive azioni e a volte anche crudele.»
Ammetto la leggerezza, e Schiller lo dice: «La sola leggerezza in voi mi spiace, nessun altro difetto!» - e Vittor Hugo: Maria Stuarda maneggiava il ventaglio ed Elisabetta la scure: e Dumas: Maria Stuarda era sempre piu donna che regina mentre Elisabetta era sempre piu regina che donna; ma corrotta, cattiva, crudele, non credo che risulti dalla Storia.
In verità, se io non fossi più che certo che la Stuarda è morta molto prima di nascere Filippi, avrei sospettato fra loro due qualche cosa di serio!
Alfieri nella sua tragedia ha idealizzato la Stuarda, e aggiungete che questo poeta tratta la Stuarda poco dopo l'assassinio di Rizio fino alla morte violenta di Darnley, l'epoca più spinosa per la riputazione di Maria; egli la chiama innocente e della tresca con Rizio (vedi atto primo scena I) e della morte del marito.
Schiller (che tratta della lunga prigionia della Stuarda, sotto Elisabetta, terminando con la sua morte), ne fa una sventurata degna di pietà; la vuol complice della morte di Darnley, ma innocente della tresca con Rizio. - Tutti quelli insomma che ne scrissero l'hanno quasi santificata. Lo stesso Paravicini, nel Secolo, comincia la critica con queste parole:
«Maria Stuarda! Chi in sua gioventù nel vedere l'angelica figura di questa sventurata, nell'udirne, nel leggerne la tragica fine, non l'ha santificata nel cuore, non l'ha idealizzata nella mente?»
Paravicini ingenuamente domanda: - Chi non ha idealizzata la Stuarda?
Chi?... la risposta era facile - Filippo Filippi.
Ora domando io: - se tutti l'hanno idealizzata, perché doveva io solo farne un'adultera, una Lucrezia Borgia?
Dante si è mostrato benigno con Francesca da Rimini; quindi Pellico ha dovuto rispettarla e così tutti coloro che ne scrissero in seguito. Aleardo Aleardi ha idealizzata la Fornarina; ed il giorno che Leopoldo Marenco nel suo Raffaello ha voluto far deviare quella fanciulla dal posto assegnatole dal gentile poeta, poco mancò che il pubblico non lo mangiasse vivo, senza neppur considerare che un altro simpatico poeta faceva quella piccola variante in omaggio alla verità storica.
Pure, con tutto ciò, noi non siamo nel caso di rispettare la Stuarda per la sola ragione che tutti l'hanno rispettata.
Consultiamo la storia.
Filippi dice:
«Quanto all'innocenza della relazione con Rizio, i poeti possono immaginarsela, ma gli storici la escludono. Tutte le testimonianze dei contemporanei (notate quel tutte) sono concordi nell'asserire che la Stuarda teneva tresca con Rizio e che Darnley lo fece uccidere, non solo perché s'immischiava a suo danno negli affari dello stato ma perché gli aveva disonorato il letto nuziale. »
Io invece (Vedi la mia prefazione) dissi che la magggior parte degli storici escludono la colpa nella relazione tra Rizio e Maria - Come andiamo d'accordo!!!
Apro il volume di Robertson (Storia di Scozia Libro IV) e leggo:
«Morton si prevalse della passione dominante di Darnley, dell'ambizione cioè ch'egli avea d'ottenere la corona matrimoniale. Gli fece credere, ed il re forse se ne persuase, che sotto l'apparenza d'una confidenza meramente politica potesse nascondersi una familiarità di una natura affatto differente e colpevole. »
A questo passo trovo una nota apposta dallo stesso Robertson che io trascrivo:

"Di tutti i nostri storici, Bucanano solo accusa sfacciatamente Maria d'una viziosa tresca con Rizio (340-344). Knox accenna leggermente che vi fu un tal sospetto di colpevole commercio (391). Melvil in un abboccamento che ebbe con Maria dice che la sua dimestichezza con Rizio poteva essere soggetta a sinistre interpretazioni (110). Pare che il re medesimo, tanto dal racconto di Melvil, quanto dai lamenti che fece colla regina mentovati da Rutwen, avesse accreditato questi sospetti (Melv. 127 - Keith App. 123, 124). Che i sospetti del re fossero forti è parimenti evidente da una lettera del Conte di Bedford a Randolfo, ma in opposizione a questi, che non sono che meri sospetti possiamo osservare che Paulet segretario francese della regina, fu licenziato dal suo servizio e promosso Rizio a quell'impiego nel mese di dicembre 1564. (Keith 268). In conseguenza di questa promozione acquistò il suo gran credito presso la regina (Melv. 107). Darnely arrivò in Scozia circa due mesi dopo (Keith 299). La regina concepì immediatamente per lui una passione che avea tutti i contrassegni di un vero e sicero amore. Rizio fomentò questa passione e promosse quant'era in lui il matrimonio (Melv. 111). Per lo spazio di alcuni mesi dopo il matrimonio continuò la tenerezza della regina per Darnely; ella rimase tosto gravida. Da questa enumerazione di circostanze sembra quasi impossibile che la regina, seppure non la vogliamo supporrre la donna più scellerata, poetesse avere alcuna tresca colpevole con Rizio. Ma il silenzio di Randolfo residente inglese, uomo sempre pronto a raccontare ed esagerare i difetti di Maria, e che neppure una volta dice che la sua confidenza con Rizio nascondesse alcuna cosa colpevole, è per se stessa una prova sufficiente della sua innocenza."

Ora domando io: - da tutti questi pareri chiaro-oscuri non se ne potrebbe trarre un altro quid medium, ammettendo tra Rizio e Maria una simpatia, un amore façon platonico?
Maria Stuarda cantava a meraviglia, e suonava il liuto con maestria: Rizio di frequenti univa la sua voce a quella della ventenne regina. - Non si potrà dunque ammettere in quelle due anime un sentimento, più forte della semplice amicizia voluta dalla maggior parte degli storici, e meno colpevole di quella asserita dal Bucananao e sospettata da Melvil e da Knox? Oppure vorreste ammmettere in lei tanta scelleratezza? - Il mio dramma tratta della prima giovinezza di Maria Stuarda. A 19 anni sposò il delfino di Francia Francesco II. - a 20 anni conobbe Rizio, a 23 sposò Darnley, a 25 rimase vedova per la seconda volta. Si può essere tanto scellerati a quell'età?...
Dai dati storici su mentovati non vi sembra quantomeno che il mio sì valga quanto il no di Filippi? Non vi sembrano per lo meno inconsiderate quelle sue parole: sconcie alterazioni alla verità storica?
In quanto a Rizio poi, il Filippi ha ragione - è verissimo che tutti gli storici lo chiamano intrigante, e quanlcheduno anzi osserva ch'era brutto e grandetto di età. (personnage adroit mais dont l'àge et la laideur ecartaient le soupçon) ma pure la storia non registra a suo carico alcun fatto che comprovi la sua cattiveria.
Non è qui mia intenzione di difendere Rizio; dirò solo che il figlio d'un oscurissimo musicante torinese che giunge col suo ingegno (o con la sua astuzia) a diventare Segretario intimo degli affari di Stato ed amante d'una regina come Maria Stuarda, dovea immancabilmente avere dei nemici, ed attirarsi in par tempo l'odio della fiera nobiltà scozzese a cui pertanto appartiene la maggior parte dei cronisti che noi consultiamo.
Pure, ammettiamo Rizio intrigante. Ebbene, e con ciò? Potea benissimo essere un intrigante ed amare la Stuarda platonicamente, se non per altro motivo, almeno per quello che non potea fare altrimenti. Ma via, siamo larghi: ammettiamolo anche libertino. Eppoi? - Parliamone in famiglia: dovea io, per la semplice taccia d'intrigante ed avventuriero, porre in iscena un unico italiano, e farne un cattivo soggetto matricolato, al di là del vero, come lo vuole il Filippi? Gli stranieri lo facciano pure - è il loro mestiere; e difatti nei loro drammi o romanzi, tu non trovi un italiano galantuomo se volessi pagarlo a peso d'oro. - In quanto a me non ho rimorso di averlo rialzato, persuaso che, se al posto di Rizio vi fosse stato un nobile scozzese invece di un oscuro straniero oggi, chi sa? La Scozia vanterebbe una statua di più.
Il Filippi parla di un suo viaggio in Scozia e della visita fatta alla camera ove fu assassinato Rizio. Egli si ricorda di aver detto a chi l'accompagnava: - «Ecco l'ultimo atto di un'opera bell'è fatto con terzetto finale tra Maria, Rizio e Darnely.» Egli soggiunge che la storia la tradizione sono in questo caso così esatte e particolareggiate che non c'è proprio da inventar nulla: basta metter in versi una situazione bell'e fatta!
Non so se il plafon di quell camera abbia la virtù di far vedere il terzetto finale, ma il certo si è che nella storia non lo trovai. - Eccovi il riassunto particolareggiato di questo avvenimento.
Maria cenava familiarmente con la contessa d'Argil, De Thou, Melvil ed altre due cortigiane. Rizio, secondo alcuni era seduto alla destra della regina, secondo Campden invece, mangiava ritto in piedi innanzi ad una credenza. Ad un tratto si presentò alla porta Darnely, segito da Rutwen, ancora convalescente da una lunga malattia. La Regina, sorpresa oltremodo, chiese la ragione di quella comparsa ed il Re rispose che si voleva Rizio.
Maria non permise a Rizio di uscire e allora Darnley gridò:
A me Douglas!
Era il segnale convenuto. A tali parole gli altri congiurati (Morton, Lennox, Lindley, Karrew e il bastardo di Douglas) si precipitarono con tal impeto nella stanza, che rovesciarono la tavola - Rizio si gettò allora ai piedi della regina e afferrando le sue vesti gridò in italiano: giustizia giustizia! La regina cercò di difenderlo, ma Enrico prendendo la moglie per la vita, senza riguardao alla sua gravidanza, la strappò da Rizio il quale rimase in ginocchio pallido e tremante. Il bastardo di Douglas, sguainato il pugnale del re, piantollo nel petto di quell'infelice che cadde ferito, mentre Morton prendendolo per i piedi lo trascinò fuori della stanza, lasciando sul pavimento quella striscia di sangue che vedesi tutt'ora. Venne finito nella camera attigua con 56 pugnalate. Rutwen poco dopo rientrò nella stanza della regina e mostrando a Darnley il pugnale insanguinato gridò ad un valletto: - dammi un bicchiere di vino... io l'ho ben guadagnato!
E questo è tutto!
Ammettendo ancora che Filippi abbia visto il terzetto, io non glie ne faccio i miei complimenti. Dove si tratta di un consorte tradito, o geloso, che si vendica o vuol vendicarsi, si presenta subito a qualcunque mente, senza il minmo sforzo, l'immancable terzetto del marito, della moglie e dell'amante, tre personaggi che corrispondono perfettamente alle tre chiavi musicali di baritono, soprano e tenore, (Vedi quasi tutti i drammi e i melodrammi).
E Filippi poi trova fra le altre impossibile, assurda e ignobile la situazione dell'orgia nel secondo atto. Ditemi - Enrico Darnley era si o no uno scapestrato, un'ubbriaccone, un cattivo soggetto? Confidava egli si o no a suoi amici tutte le scene intime che avean luogo tra esso e la moglie?
Tutto ciò è storico.
(Darnely avait de la beautè et rien de plus, buveur, incapable, avide de vengeance contre ceux qui etaient declarés ses adversaire.
Orbene, qual meraviglia che Darnley, in un orgia, mezzo brillo, al cospetto dei suoi compagni che lo tacciavano di debolezza, ancora indignato da una viva discussione avuta con la Stuarda a proposito di Rizio, abbia insultato con parole acerbe la sua sposa? Tali eccessi erano nelle sue abitudini.
La situazione è ardita, ne convengo, ma impossibile, col carattere del Re, no!
Un'altra osservazione.
Il Filippi comincia la sua critica con queste parole:
«David Rizio è soggetto bellissimo per melodramma musicale e non so capire come altri maestri prima del Canepa non se ne siano invogliati.» Nel mio lavoro però egli trova delle sconcie alterazioni alla storia. Mi faccia grazia dunque di dirmi che razza di dramma lirico dovrebbe farsi, attenendosi ai caratteri storici dei diversi personaggi come li vuol lui:
Maria Stuarda - Un'adultera.
Rizio - Un libertino intrigante.
Darnley - Un cattivo soggetto.
Rutwen e Morton - Due assassini,
Coro di congiurati ecc. ecc.
E luogo dell'azione?
Per lo meno in una galera!!
Lo stesso Filippi, dopo aver detto il mio libretto orribile, chiude la sua critica così:
«Peccato che il Teatro non si presti a decorare come si conviene uno spettacolo simile con scene copiate dai luoghi e con vestiario veramente dell'epoca! Quella Maria Stuarda colla veste di raso bianco per le sue nozze con Darnley fa prorpio ridere, quando si sappia che precisamente a quelle nozze ella vestiva l'abito di duolo»
Valeva proprio la pena di farlo! Ringrazio tanto il Filippi che vorrebbe far figurare un libretto horrible!!!
D'altronde (come diggià dissi nella prefazione nel mio libretto) la lettura del dramma del Conte Amato di Brenna (se non erro l'egregio scrittore Luigi Gualtieri) m'invogliò a fare un melodramma del David Rizio. Tolsi da esso presocchè i caratteri e le principali situazioni; non in buona fede, ma dopo aver consultato accuratamente la storia. Il soggetto coome lo avea trattato Gualtieri mi piacque; e poi dissi fra me: La maggior parte degli scrittori di melodramma sono andati per lo più all'estero a pescar soggetti; hanno tolto da Dumas, da d'Arlincourt, ed haono completamente svaligiato Vittor Hugo. Io ho preferito un dramma italiano, Buono o cattivo, bello o brutto, (io pensai) se non altro è roba nostra!
La situazione dell'orgia è appunto fra quelle del Gulatieri - Si rivolga dunque a lui il Filippi se la crede ignobile, assurda e impossibile. Egli molto meglio di me, saprà dargli ragione del suo operato.
Ancora due parole sui luoghi comuni di cui Filippi trova zeppo il mio libretto - Non mi sforzo a negarlo - Dirò solo che la mania di cercare novità affatto sulla scena non può che nuocere all'effetto ed al buon senso.
Le nostre passioni, son sempre le stesse, e da Adamo in poi, si ama si odia, si congiura e si offende il prossimo nello stesso modo, per cui nello svolgere gli affetti umani sul palco scenico, non bisogna essere tanto smaniosi di cercare delle novità; si correrà sempre il pericolo di cadere nell'esagerato, nel meraviglioso e nell'impossibile. Come si fa, domando io, a trovare delle novità affatto senza uscir fuori dalla cerchia della natura umana? - Ed anche scendo fuori dalla natura, dove può andar mai uno scrittore melodrammatico? A casa del diavolo? nemmeno perché trova il luogo diggià esplorato. L'inferno quanto il paradiso venne musicato in Italia, in Germania e in Francia. - Che resta a farsi? Nel Rigoletto si è diviso il palco scenico per lungo; nell'Aida si è diviso per largo. Si sono siciupati i misereri e le barcarole; il canto dei monaci e degli zingari; gli angeli, le streghe e i demoni le tempeste e i chiari di luna; i cimiteri e le feste da ballo; il silenzio per la laguna e il baccano per la città; si sono uccisi i vivi e resuscitati i morti. Che più? Un poeta, per novità ha persino rinchiusa dentro ad un sacco la figlia di un gobbo; ed un maestro di musica l'ha fatta cantare seriamente. La novità è giunta al parossismo e se manca il macchinista e i fuocchi di Bengala, buona notte al palco scenico; in esso i miti effetti più non attecchiscono. - Terra e mare; cielo e inferno furono esauriti. Non resta che il solo purgatorio da musicare, e mi piacerebbe tanto vedere un centinaio di coristi nudi in mezzo alle fiamme purificanti. In questi tempi in cui si fanno tante indigestioni di novità, il purgatorio giungerebbe a proposito: sarebbe uno spettacolo purgante!
Ed ho finito.
Non si creda che io abbia fatto questa lunga chiaccherata per difendere il mio libretto - neanco per sogno! Nel mio David Rizio vi sono diffetti d'ogni genere, ed io per il pimo ne resi avvisato il lettore nella prefazione perché non mi regalasse la taccia di truffatore, accusandomi di aver sorpresa la fede pubblica col vendere per buona una merce avariata. -
I caratteri di Rizio e di Maria (specialemnte di quest'ultima) sono un po' pallidi - è verissimo; e confesserò che ciò è accaduto per una certa qual esitanza che ho sempre provato nel tracciarli. La storia avvolge di tanto mistero la relazione dell'infelice regina col cantore italiano, ed i pareri dei diversi cronisti sono tanto vaghi e discordi fra loro, che ho avuto quasi paura di tracciare con linee franche e con colori decisi quei due personaggi. Valga per prova il monologo della Stuarda del 2° atto (monologo che non poteasi evitare, inquantochè un'opera senza l'aria della Donna sarebbe un po' strana) Questo monologo fu per me lo scoglio terribile. Da esso potea dipendere la forza e il colorito dell'intiero dramma, ma dall'altro canto potea anche compromettere la Stuarda rendendola volubile, leggera, e qualche cosa di peggio: non lo volli. Mi costò non lieve fatica in quel monologo, il far cantare vagamente la Stuarda, in modo da non farle confessare a se stessa l'amore che nutriva per Rizio: confessione che avrebbe pregiudicato il suo cartattere. Il dramma ne ha sofferto nella condotta... pazienza! non ho saputo far di meglio. -
L'altro difetto capitale del mio melodramma è il rapido passaggio dal 1° al 2° atto senza preparazione alcuna. Il secondo atto poi (per circostanze inevitabili) ha dovuto subire quattro diverse trasformazioni, una peggio dell'altra, e l'ultìma forse peggio di tutte. Quest'atto (tutto favola) non mi ha mai soddisfatto.
E con ciò non se ne parli più!
Io non avrei per certo tediato il lettore con questa cicalata sul mio lavoro se il Filippi (il domani della prima rappresentazione dell'opera) non fosse venuto fuori colla parola orribile; e se otto giorni dopo, non avesse cercato di lapidarmi colle parole sconcie alterazioni alla verità storica e con certe citazioni in inglese ch'io non capisco un'acca.
La storia, grazie al cielo, è nel pubblico dominio, e non è certo di esclusiva proprietà del critico Filippi - e, prima di chiamare in appoggio tutte le testimonianze dell'epoca per schiarire un punto storico rimasto sempre oscuro, vi si deve pensar due volte! -
Al Filippi sarà forse facile provare il most horrible del mio libretto; ma provare la colpevole relazione tra la Stuarda e Rizio non è sicuro pane pei suoi denti!

 
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