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ENRICO COSTA


Rassegna teatrale. Teatro civico di Sassari. Giovanna di Napoli
Enrico Costa

Dramma lirico di Antonio Ghislanzoni
MUSICA DEL MAESTRO ERRICO PETRELLA

In Italia è molta penuria di buoni libretti d'opera. Felice Romani, il principe dei poeti melodrammatici, nonché superato, non fu ancora raggiunto da quanti scrissero dopo di lui, sebbene Solera, Cammarano ed il Peruzzini abbiano dato all'arte pregievolissimi lavori: La Norma, la Sonnambula, il Pirata, l' Elisir d'amore, mantengono tuttora il posto d'onore in tal genere di letteratura.
I molti drammi e romanzi francesi, da cui fu infestata la nostra penisola in questi ultimi tempi, sedusse oltremodo i poeti melodrammatici, i quali divorarono con avidità quegli eccitanti argomenti trasformandoli in libretti d'opera. Nacque allora la manìa dei forti contrasti, si andò in cerca del meraviglioso e dello strano, e si crearono le situazioni dette interessanti, forse dall'interesse che avevano i maestri a metterle in musica. Alla povertà di cuore si supplì colla ricchezza di scena  al buon senso ed alla natura succedette il macchinismo  alla calma degli affetti sereni si antepose la tempesta delle passioni  lo strumentale soffocò il vocale  la plastica infine uccise il sentimento.  Di chi la colpa?  Forse dei poeti, forse dei maestri  fors'anco del pubblico, che, inebbriato dalla febbre dei sensi, battè le mani!  Per impotenza di genio, o per corrutela dei tempi, non potendo più toccare il cuore, si tentò di colpire l'immaginazione; ma gli incauti non si avvidero, che l'immaginazione presto si sazia se non le si presentano cose nuove, mentre il cuore non si stancherà mai se voi lo alimenterete di nobili aspirazioni, di soavi affetti, e di sentimenti generosi.
Accade pertanto uno strano fatto. Mentre la letteratura ha dato l'ostracismo al dramma francese, l'arte melodrammatica lo ha richiamato sulle scene sotto nuove forme. L'immortalità, con le grazie maliarde, seduce pur sempre il nostro cuore, e noi per ottenere un sorriso da questa disonesta sirena non abbiamo alcun rimorso di servirci della musica: di questa santa ed immacolata figlia del cielo!
Da pochi anni a questa parte la bell'arte melodrammatica fu ridesta con bell'onore da un gentile poeta lombardo: Antonio Ghislanzoni, tuttoché neppur esso abbia saputo sottrarsi alle strane esigenze del gusto moderno, il quale si ferma di preferenza sull'effetto e sulle situazioni nuove, non curandosi affatto se il dramma abbia, o no, uno scopo sociale. Bisogna d'altra parte convenire che i poeti non hanno tutta la colpa, perché è bene si sappia che, ordinariamente, è il maestro che impone certe situazioni al poeta, il quale finisce sempre per secondarlo, anche a rischio di far monco, o prolisso, il proprio lavoro. Confermo oggi quanto altra volta scrissi a questo proposito. Un libretto d'opera, durante la gestazione musicale, poco su, poco giù, può paragonarsi ad un cannocchiale che si allunga e si restringe a seconda il grado di vista del maestro. Quanti misteri in queste parole: il virgolato si omette per brevità!
La Giovanna di Napoli è uno fra i molti libretti del Ghislanzoni, ma, per certo, non uno dei più felici. Questo melodramma ha delle bellissime situazioni che fanno prova del buon gusto drammatico, e della maestria di sceneggiamento che distingue il simpatico autore degli Artisti da Teatro, dell'Aida, dei Promessi Sposi e del Salvator Rosa. Caratteristica è la scena della congiura, degna di lode la scena del giardino, e stupendo per condotta tutto l'Atto secondo. Il carattere di Aniello è tratteggiato con linee franche e decise. L'azione del dramma si svolge con naturalezza, la lingua è castigata, il verso in generale corre facile e spontaneo, sebbene in certe scene è trascurato e in certe altre un po' triviale. Il libretto del Ghislanzoni non va però esente di difetti, e il primo di questi si palesa nella protagonista. Il carattere della Giovanna è snervato, pallido, indeciso, il più scadente del dramma. Un'insignificante comparsa nel prologo - la solita aria d'uscita ed un duetto d'amore nel primo atto - poche parole di gelosia nel secondo - altro duettino amoroso nel terzo - e questo è tutto. Nulla d'altronde che caratterizzi la Giovanna di Napoli, la quale, nel libretto, è una regina qualsiasi - chiamala pure Maria, Catterina, o Margherita, - mettila pure a Napoli, a Genova, o a Firenze, chè l'azione storica non ne soffre affatto. Per contro è una parte di rilievo la Matilde, carattere stupendo, figura interessante che potrebbe benissimo dare il titolo al dramma, e forse con più ragione. Altro difetto del libretto è la freddezza del prologo. Vi trovi una regina che si presenta in iscena come una corista - e un innamorato che sviene per amore. Nulla al mondo di più ridicolo di un uomo che cade in isvenimento ai piedi di una donna-regina, o di una regina-donna. - È l'identico caso del Ruy Blas! Pare che questa situazione sia entrata nelle grazie dei librettisti moderni...Benedette novità! - Terzo difetto capitale è la chiusura del dramma. Dopo l'assassinio di Lorenzo, nell'interno del tempio, l'azione langue ed il pubblico abbandona il teatro, lasciando tutta sola la regina in mezzo al palco scenico, perché sfoghi i rimorsi, e perché si penta di aver trascurato il suo popolo. Vi parrà strano, ma è indubitabile che il sipario deve sempre calare appena un personaggio principale del dramma ha esalato l'ultimo sospiro. Vi è di più - le morti fra le quinte non piacciono al pubblico, il quale ha bisogno di constatarle coi proprii occhi. Che volete? questo benedetto pubblico ha tutti i difetti di San Tomaso!
La musica della Giovanna è di moderna fattura. Vi sono abolite le caballette, sfuggite le noiose interminabili cadenze, profuse le frasi spezzate, e introdotti, per seguire la moda, una furia di recitativi. Dicono Petrella poco profondo in fatto di scienza musicale e non molto esperto in fatto di strumentazione. Le sue masse orchestrali sono talvolta troppo nudrite, tal altra molto nude... Per contro però questo maestro ha una vena melodica inesauribile - nella sua musica si riscontra una tale freschezza, una tale soave spontaneità, che te la rendono ben accetta fin dalle prime udizioni. È positivo, che, se Petrella possedesse la scienza musicale di Verdi, sarebbe forse il primo maestro del mondo; poiché, per inspirazione e per frasi melodiche non v'ha certo chi gli stia a fronte.
La Giovanna di Napoli è anch'essa un'opera pregievolissima, e quantunque non possa ritenersi come la migliore, è certo che è ricca di tali bellezze che basterebbero da sole a formare la celebrità di un maestro.
Gettando uno sguardo generale sullo spartito del Petrella, si scorge a prima vista un fatto che torna a lode del maestro, perché dimostra il grande studio e il molto impegno che esso ha posto nel musicare il lavoro del Ghislanzoni. La musica della Giovanna segue precisamente tutte le fasi delle situazioni del libretto - essa è bella quando le situazioni sono belle - è scadente appunto quando scadenti sono le scene descritte dal poeta.
Il pezzo più saliente del prologo è il duetto tra Matilde e Lorenzo, pezzo di squisita fattura e scritto con vero sentimento artistico. Nel primo atto campeggia la congiura, benissimo istrumentata, e molto caratteristica in un colla canzone di Aniello. Segue poi nella seconda parte un bellissimo duetto d'amore fra Lorenzo e la Regina, a cui fa seguito uno stupendo finale concertato svolto dal simpatico motivo Diman di Capri all'Isola. Quella situazione, quella melodia, e sopratutto quell'accompagnamento di violini, rammentano molto l'identica situazione della Contessa d'Amalfi (Tra i rami, fulgida). Ad ogni modo è un atto che chiude bene e impressiona altamente l'uditorio.
Il secondo atto è, senza dubbio, il migliore. Ivi è tutto bello, e si ascolta con religiosa attenzione dalla prima all'ultima nota. Il genio di Petrella e di Ghislanzoni vi si è di preferenza fermato. Melanconica e cara la canzone della pazza Matilde, intercalata da quel motivo A te vicina, da te lontana, frase dominante dell'opera che richiama un po' troppo il motivo Oh dolce voluttà del Ruy Blas. Squisita e tutta nuova la barcarola di Aniello - ben trovato e caratteristico quel movimento di violini e di oboe che imitano le zampogne e ti trasportano col pensiero alle incantevoli spiaggie di Capri, ai costumi semplici di quel popolo che nasce colla poesia nell'anima, a quel limpido cielo che forma il sospiro di ogni poeta e di ogni artista. La demenza di Matilde è una vera creazione; potrebbe starle a fianco quella della Linda e della Lucia. La scena termina con un finale concertato che è uno dei pezzi magistrali dello spartito. - Quest'atto chiude bene...forse troppo bene, perché il terzo impallidisce al suo confronto, e questo è tal difetto che può bastare a recar pregiudizio ad uno spartito. In fatto di opere non può applicarsi certo quella massima - Chi ben comincia è alla metà dell'opera - bisognerebbe anzi formularne una nuova - Chi ben finisce ha assicurato l'opera.
Il terzo atto ha due cose belle: La prima è il Notturnino cantato da Giovanna e Lorenzo (Vieni m'abbraccia...), duettino che è composto di una melodia dolce, soave, patetica, che ti carezza la mente e ti si ferma nel cuore prima ancora che il labbro abbia imparato a ripeterla. - La seconda è la situazione dell'ultima scena, quando gli accordi mesti dell'organo annunziano la sacra cerimonia che si compie nell'interno del tempio, mentre Aniello medita sulla scena l'assassinio dell'incauto giovine che abbandonava crudelmente una pura fanciulla dopo averla resa pazza d'amore. Non potrebbe farsi che un solo appunto. Parmi che il recitativo di Aniello non ritragga abbastanza lo stato d'animo del vecchio pescatore nel momento di compiere la vendetta...quelle note sono troppo calme, troppo lente, troppo meste. Dopo il grido di Lorenzo assassinato l'opera cade, non per colpa di Petrella (il quale anzi ha chiuso il dramma con un'aria finale squisita per fattura e per ispirazione) ma per colpa del poeta, come dissi più sopra parlando del libretto.
In complesso parmi notare che Petrella nella Giovanna fu molto più felice nei canti che nei recitativi (e questi dovrebbero anzi attirare lo studio più serio di un Maestro) - e che nei duetti, nei terzetti, e nei finali, abbia avuto più ispirazione che nelle arie e negli a soli. - Ad ogni modo lo spartito del Petrella è uno spartito pregievolissimo, degno di maggior fortuna e di maggior popolarità. Il nostro pubblico lo accolse favorevolmente fin dalla prima recita ed ogni sera vi ammira nuovi pregi e nuove bellezze. E tanto più questa buonissima accoglienza nel nostro teatro è degna di considerazione, in quanto che la Giovanna di Napoli piace, malgrado venga rappresentata spoglia dalla parte spettacolosa, la quale forma pertanto parte quasi integrale dello spartito. Le scene del giardino, dell'Isola di Capri e della cerimonia nel tempio, vogliono eseguite con rara precisione, con buon numero di comparse, e con appositi scenari ed attrezzi - cose che da noi non si possono pretendere per la ristrettezza del palco scenico e per le non lievi spese a cui andrebbe incontro l'impresa. -
Ed ora vi parlerò più brevemente che posso dell'esecuzione di quest'opera al nostro Civico. Tenuto conto delle molte difficoltà che presenta la Giovanna per la sua esecuzione, specialmente per la parte strumentale, non esiterei un solo istante ad asserire che fra le opere date, sia stata quella eseguita con più cura dal personale artistico e dall'orchestra - Fin dalla prova generale, non incertezze, non disaccordi, non trascuranza di scena - e di ciò si abbia i meritati elogi il bravo maestro Cerioni che non risparmiò fatica per il buon andamento dello spettacolo.
La prima donna, signora Gabrielli, ha un bel metodo di canto, e modula la sua voce a seconda i diversi affetti da cui è dominata. L'aver studiato la parte di Giovanna in pochissimi giorni è già una prova che ha molto talento musicale e che fu educata ad una buona scuola. Se la sua voce non è molto robusta, e in sulle prime forse non troppo simpatica, è vero altresì che essa è molto pastosa ed intuonata, e sa imprimere alla frase musicale il suo giusto colorito. Questa artista che interpreta abbastanza bene la parte drammatica ha avuto una disgrazia - quella di presentarsi al pubblico con una parte ingrata qual è quella della regina Giovanna. Nel prologo fa una infelicissima comparsa - nel primo atto ha un'aria di sortita poco simpatica al pubblico e di nessun effetto, quasi come quella di Marino - insomma senza tema di esagerare può asserirsi che i soli canti in cui la signora Gabrielli può mettere in evidenza i suoi mezzi, sono l'aria Doman di Capri all'Isola e il notturnino Vieni m'abbraccia - e basta. Di più questa donna è posta a fianco di Matilde: personaggio che potrebbe essere, come dissi, il perno principale dell'azione, e per il quale furono scritte le migliori melodie e le più belle situazioni drammatiche. Io spero che nel Giuramento questa signora avrà più campo di far valere la sua abilità.
Il carattere di Matilde è forse il più difficile dell'opera, e per ritrarlo come conviensi bisognerebbe ricorrere ad un'artista provetta della scena e del canto... Le diverse passioni che agitano ad un tempo il cuore di questa fanciulla - l'amore, la disperazione, il dolore - e soprattutto il suo stato di demenza nel secondo atto, vogliono interpretate con maestrìa. La signora Pochini merita dunque lode perché sa farsi applaudire. Quando la voce di questa giovine e simpatica artista avrà acquistato un carattere più deciso - quando avrà imparato a legare con più pastosità le sue note - e a modulare la sua voce con più espressione, io son persuaso che le si aprirà una brillantissima carriera. Studio dunque e perseveranza!
La parte di Lorenzo (interpretata dal Sig. Bini) è anch'essa una parte ingrata - L' incerto carattere di questo favorito della regina, amante fra due donne, appassionato per tutte e due, non può godere certo le simpatie del pubblico, il quale, quando lo sa assassinato, si domanda ogni sera se debba rallegrarsene o compiangerlo. Ma se il pubblico può avere delle antipatie per Lorenzo, non le ha certo per il signor Bini, il quale canta con passione, imprime al canto uno squisito colorito, e mostra colla perfetta conoscenza della scena, che mai trascura, che è un artista di non comune ingegno.
Il Belardi è forse l'artista più a posto nella Giovanna di Napoli, ed io non ho alcun appunto da fargli. Il pubblico lo applaude con trasporto perché ritrae con molta verità il personaggio del vecchio pescatore Aniello, il cui carattere è il più spiccato è il più simpatico dell'opera.
Il Leonardi nella parte di Marino è anch'esso più a posto che nelle altre opere, sebbene l'aria che canta nel primo atto Già dentro la tomba non dica proprio nulla, tranne questa santa verità:

in donna consiglio non scende
Di vecchio canuto già presso a morir! =

Le seconde parti disimpegnano lodevolmente il loro còmpito, così pure i cori, ed i professori di orchestra. - La messa in scena non è certo quale il libretto la domanda, ma il vestiario è sfarzoso, l'azione drammatica è abbastanza curata per parte dei singoli artisti, epperò parmi che l'Impresa meriti lode per averci fatto gustare la bell'opera del Petrella, nuova affatto per le nostre scene. D'altra parte bisogna considerare che, se le cose teatrali non soddisfecero pienamente le giuste esigenze del pubblico, è vero altresì che quest'anno le sorti non volsero molto propizie alla stessa impresa la quale dovette attraversare mille peripezie - Insomma rassegniamoci pensando che

Se Messenia piange Sparta non ride!

 
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