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ENRICO COSTA


Realismo. La Primavera, i fiori, l'amore
Enrico Costa
Altra esigenza sciocca e ridicola, che pare voglia entrare nelle vedute del realismo, è quella di bandire ad ogni costo l'onesto amore, la donna amata, i fiori, la primavera, e simili cose, fritte e rifritte. Oggi l'amore è cosa del passato - lasciamolo al Petrarca, a Tasso e a tutta quella gente che sospirava fissando le sponde fiorite di un ruscello, o commovendosi al tramonto del sole ed al sorgere della luna. L'amore è oggi sensuale, e si fa al lume delle candele steariche e del gas - tu hai scritto, ed è vero!
Ostracismo dunque a tutte le cose fuor di moda! L'amore, le donne, i fiori non si usano più - le notti stellate sono un utopia - i canti dell'usignolo in primavera, le cicale in estate, il cader delle foglie in autunno, e le nevi in gennaio sono deliri di mente inferma - non vi sono più dolori né pianti: tutto appartiene all'umorismo - ed anche ciò è giusto! Noi non dobbiamo più commuoverci, non dobbiamo più lagrimare sulle altrui sventure, perché... - tu lo hai detto - perché oggi più non si piange - si sbadiglia e si ride!
Quando un giovine, sconsideratamente, fa una poesia così detta d'amore, e vi parla per disgrazia di qualche fiore o della primavera, vien mostrato a dito come una bestia rara. - « È roba vecchia! - si dice - queste cose lasciamole ai nostri babbi; le poesie di amore fanno vergogna, bisogna scrivere sopra soggetti filosofici - osceni - umoristici - la letteratura vuol essere materialista; bisogna inspirarsi alle sale anatomiche, al fosforo, ed alle donne che vendono i vezzi a un tanto la libbra. L'amore non è altro che l'istinto della riproduzione. Due esseri di diverso sesso si sentono trascinati l'uno all'altro per la propagazione della specie; quindi, voler chiamare sentimento ciò che è sensualità, è compito assurdo!
Giovani, non cantate mai d'amore! Non cantate i fiori per ammirare le meraviglie della natura. Il tramonto è tramonto - l'alba è alba. D'altra parte, sappiate che non è il sole che visita e abbandona ogni giorno la terra, ma è la terra che ogni mattina va incontro al sole per piantarselo ogni sera. In una parola, non è il sole che è un vagheggino, ma è la terra che è una civetta! - Al nuovo!... al nuovo!
Il nuovo! - eccola la gran bella parola! Il bel ritrovato per essere originali nei componimenti; e vediamo infatti i bei frutti di queste novità!
Poveri matti! Avete un bel lambiccarvi il cervello; i tempi porteranno sempre una rivoluzione nelle forme dell'arte e della letteratura, ma non mai nei concetti. L'umanità passando attraverso a centinaia di secoli ha inventato le macchine, i telegrafi, i parafulmini - ha trovato la forza del vapore, la bussola, il telefono; ma non è mai riuscita, né riuscirà mai a cambiare indirizzo al cuore ed a nostri sentimenti, i quali non hanno subìto alcuna variazione. Si ama oggi come si amava ai tempi di Mosè - e si amerà fra mille secoli, come si ama oggigiorno. L'uomo vivrà di sogni nella giovinezza, e vivrà di disinganni nella vecchiaia... e sempre così; la vita non è altro che una lunga catena di speranze e di ricordi, di fede e di dubbio; non possiamo arrivare al disinganno senza passare per la speranza; non possiamo credere senza passare per il dubbio, come non possiamo dubitare senza passare per la fede. - Nulla dunque di nuovo in questo mondo vecchio. Le passioni umane potranno forse ammansarsi per mezzo dell'educazione e dell'istruzione, ma domarsi non certo - esse sono inerenti alla natura umana, e spariranno dalla terra... quando sparirà l'uomo. Tutte le scienze, tutte le arti e tutte le letterature del mondo, riunite insieme, non saranno mai in grado di soffocare un solo palpito nel nostro cuore, di risparmiare un dolore alla nostra anima! - La vita non va soggetta a mutamenti. La primavera ogni anno veste di fiori la terra - e l'inverno ogni anno la spoglia. La natura ha le sue quattro stagioni - l'uomo ha le sue quattro età.
Nella giovinezza noi attraversiamo una ridente valle cosparsa di fiori, dove il gorgheggio dell'usignuolo si sposa alla dolce canzone della donna che ha vegliato alla nostra culla - dove il sospiro della brezza profumata si confonde al sospiro d'un giovine che sogna una compagna - dove al sorriso di un cielo composto d'oro e d'azzurro risponde il sorriso di una bella forosetta che abbassa gli occhi e si fa rossa se incontra per la via un bel giovinotto. - Tutto intorno a noi è luce, canto, profumo; il nostro sangue freme nelle nostre vene, la nostra mente si slancia nell'infinito, il nostro cuore palpita, e i nostri sentimenti si espandono. Carezzati allora dalla speranza, sedotti da una misteriosa fede, ci trasportiamo in regioni ignote. - La natura ci sorride colla primavera, e la donna desta nel nostro cuore quel primo palpito che, volere o no, ci sprona all'arte ed alla poesia!
Crescono intanto gli anni; la valle prende un aspetto più triste - i colori si fanno più foschi - i profumi svaniscono - i canti dell'usignuolo sono meno percettibili - una nebbia leggera ingombra il paesaggio - qualche nuvoletta macchia l'azzurro del cielo; l'esperienza ci rende meno entusiasti, l'età più diffidenti. Cadono i fiori che sono le speranze, e vengono i frutti che sono i disinganni - il dubbio uccide la fede, lo sconforto uccide la speranza, e l'egoismo uccide la carità. Il sangue intanto scorre meno gagliardo nelle nostre vene - il freddo ci invade, i nervi sono pessimi conduttori del sentimento, e allora, si lasciano le illusioni, per prendere... i raffreddori ed il catarro! L'inverno succede alla primavera - la vecchiaia succede alla giovinezza!
E con tutto ciò, la valle non ha subito variazione alcuna! Siamo noi che siamo cambiati! La valle è sempre là col suo eterno sorriso, coi suoi profumi e colle sue armonie - ma le nostre narici, i nostri occhi, le nostre orecchie hanno sofferto avaria - e che avaria!
Un pittore e un poeta che attraversano questa valle deliziosa non possono fare a meno di ritrarne i bellissimi paesaggi, e di cantarne le impressioni ricevute. I punti di vista sono sempre gli stessi - i colori della tavolozza non possono variare. Il poeta attorniato da quei colli, da quelle pianure, da quei ruscelli, non può provare che gli stessi affetti. Cento pittori, passando per lo stesso luogo, non possono copiare che lo stesso paesaggio. - Non è dunque pretensione sciocca, ridicola, insensata, voler affetti nuovi e diversi, dinanzi ad una natura sempre bella, lussureggiante?
Dimmi, carissimo amico; ti par dunque che una generazione possa dire ad un'altra: « - Tu attraverserai la valle che io ho già attraversato, ma è tuo obbligo vedere in essa paesaggi che io non ho veduto - provare affetti ch'io non ho provato? - ». So pur'io che i primi amori sono oramai noiosi, e che è cosa ridicola scrivere che gli usignuoli gorgheggiano; ma di chi la colpa? non certo dei poeti, ma della natura. Che colpa a noi se i giovani corrono sempre dietro alle donne, e se gli usignuoli cantano ancora?
Se si trattasse di un vecchio poeta, gli si potrebbe rispondere:
« - Signor vecchio: (diamogli del Lei) ella, in gioventù, si è sfogato a cantare i fiori, la primavera e l'amore - perché oggi vuole impedirlo a me? La mi perdoni; il suo modo di argomentare mi sa di invidia e di egoismo. I doni della natura sarebbero forse sua esclusiva proprietà? - Noi non potremo più sorridere alla speranza, perché un tempo essa ha sorriso a voi? Noi saremo scacciati dall'Eden, perché voi lo avete sfruttato? Per noi i fiori non devono avere più fragranza, perché vi siete già inebriati del loro profumo? - Parliamoci chiari, signori vecchi: perché il vostro sangue è freddo nelle vostre vene, perché il vostro cervello è diventato molle, perché le nevi sono cadute sulla vostra testa e sul vostro cuore, pretendereste forse che per gli altri non debba esservi più entusiasmo? Vorreste farci detestare la donna, perché un giorno essa vi ha traditi? Vorreste farci odiare la natura perché essa vi ha deriso rendendo floscie le vostre carni e calando di un tono i vostri nervi, i quali sono le corde dell'umano organismo? - È precisamente la questione del satollo, il quale, dinanzi all'affamato che divora anche i piatti, resta maravigliato come si possa avere tanto appettito! - e non ricorda che, prima d'aver fatto colazione, anch'esso si trovava nel caso identico!
Mi si dirà: E l'esperienza?... - Che esperienza d'Egitto! L'esperienza è una ridicola parola - può essere buona nella scienza, ma non negli affetti umani. Immaginate un babbo amoroso che dica a suo figlio:
- Non fidarti delle donne, sai? - esse saranno la rovina del tuo corpo e della tua anima - credilo al babbo che le ha provate!
E il figlio, che come tutti gli uomini si crede un'eccezione alla regola, risponderà:
- Io ti credo, babbo; ma voglio provarle anch'io, come tu le hai provate. Potrebbe darsi che a me accadesse diversamente!
E da questa semplice domanda e semplice risposta, le quali compendiano la storia dell'umanità, proviene quell'infinita catena di disinganni che ebbe capo in Adamo e avrà fine coll'ultimo uomo che creperà! Se la esperienza fosse buona a qualche cosa, come spieghereste certe infelicità matrimoniali, certi spropositi politici, certi granchi solenni presi da uomini che pure ebbero ed hanno fama di possedere un cervello voluminoso? - Va là, che l'esperienza vale un fico, e certe cantonate sono provvidenziali! - L'uomo, per istinto naturale, vuol sempre mettere il naso nel buco dove gli altri lo anno perduto!
Ma tu puoi far crollare il mio ragionamento dicendomi: - non sono i vecchi che oggi danno l'ostracismo ai canti così detti sentimentali, bensì i giovani, paladini di una nuova scuola detta del realismo.
E con ciò? Vuol dire che vi sono giovani precoci - giovani che vogliono imitare i vecchi ringhiosi, atteggiandosi a filosofi, non certo per convinzione, ma perché la moda prescrive lo scetticismo e il materialismo, ben inteso umoristico... Disprezzano la donna, e sta bene; ma sapete voi che cosa accadrà a questi paladini? Quando saranno vecchi vorranno far da giovani, e diventeranno ridicoli, perché la natura non si violenta per dare soddisfazione alla letteratura. L'amore, vedi, è proprio come il foroncolo: (la similitudine è umoristica, ma l'umore questa volta ci sta!) bisogna che presto o tardi sfoghi; e così avremo quei certi uomini che fanno i sentimentali nella vecchiaia, e finiscono quasi sempre, o per farsi spogliare da una mantenuta, o per gettarsi fra le braccia della propria cameriera, santificata dalla benedizione del Sindaco!
Riepiloghiamo. Fino a che il mondo sarà mondo, i giovani canteranno sempre con entusiasmo, e senza umorismo, la primavera, i fiori e l'amore; gli affetti non possono mutare... siamo noi che mutiamo registro. Passando sullo stesso sentiero, noi non potremo veder che le stesse cose. L'umanità affogherà nei disinganni, ma sognerà sempre... sognerà eternamente, a marcio vostro dispetto! - Condannare i nipoti alla clausura - impor loro la filosofia, il materialismo ed il dubbio, quando hanno bisogno di fede e di speranza, è pretensione ridicola, insensata - è opera crudele e barbara, la quale non trova ragione che nel cervello malato e nel cuore corrotto di una generazione che delira, che spasima, che sussulta; di una generazione che abbaia all'ignoto perché ne ha paura; che si getta coraggiosamente nel dubbio perché sentesi vile; che bestemmia Dio e la natura perché in un angolo del cuore sente ancora un bricciolo di fede che non riesce a soffocare; di una generazione, infine, che ha sul labbro il sogghigno - un sogghigno che ripugna all'anima, perché essa, spezzando i vincoli della materia, tende sempre ad espandersi in regioni serene - e ciò per legge suprema, per virtù provvidenziale.
Per togliersi a questo stato di vigliacche incertezze - per colmare il vuoto che ne circonda, non vi sono che due mezzi: - o il ritorno di una fede al cuore, per farvi rientrare gli affetti gentili e le nobili aspirazioni - o una palla di piombo nel cervello per farne uscire quei cupi pensieri che inaridiscono i rari fiori sparsi sul cammino che percorre l'umanità!
 
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